Che gioia aver aggiunto il mio nome al cast del film dedicato ad Alberto Sordi

Ascenzio Maria La Rocca16 Giugno 2020

Intervistare Shany “ai tempi del Covid-19” è stata in sé un’esperienza indimenticabile. Non perché l’utilizzo dei sistemi digitali imbarazzasse o ne compromettesse la prestazione, anzi, tutt’altro, sul quel fronte ho potuto apprezzare una professionalità e serietà che spero di incontrare sempre più spesso in futuro. Ho sperimentato l’indimenticabile per il modo in cui i contatti, la cura dell’articolo e delle risposte, i cosiddetti feedback,  sin da subito, hanno assunto un’aurea di complicità e serenità definibili con un’unica espressione: amicali.

Shany è un attore e comico italiano, anche piuttosto talentuoso, l’arma che usa per sedurre i suoi interlocutori è una sfacciata e simpatica semplicità. L’abbiamo visto di recente sulla Rai, in un cameo con Edoardo Pesce nello strepitoso film Permette, Alberto Sordi diretto da Luca Manfredi. L’umiltà che fa da sfondo al suo talento potrebbe illuminare tutti coloro che credono che l’Arte si sia trasformata in una scorciatoia per essere “grandi”. Shany sembra aver fatto proprie le parole di Domenico Scarpa, il quale afferma che per far tornare il pubblico ad amare l’arte complessa (quella difficile, che richiede un seppur minimo sforzo di comprensione), bisogna conquistarlo con “un lavoro lungo, difficile, oscuro, senza garanzia di successi e con riconoscimento mediocre”.

Shany hai sempre voluto recitare? Quando è scattata la scintilla tra te e l’arte attoriale?

Non sono un attore puro. Sono una persona che ama comunicare con il prossimo in maniera non convenzionale, quindi adotto l’Arte per farlo. Mi ritrovo ad essere attore perché scrivo poesie in dialetto romanesco e mi ritrovo obbligato a interpretarle, oppure perché suono diversi strumenti musicali ma tra una canzone e l’altra non riesco mai a stare zitto. Perché disegnando vignette non posso che dare ai personaggi battute ed espressioni facciali che l’attore che è in me consiglia di dare. Perché mi piace far sorridere i miei commensali, perciò sfrutto la dote di saper fare qualche imitazione. Quindi mi conosci come attore perché mi sono semplicemente capitate più occasioni in cui ho avuto modo di esprimermi con la recitazione. Se mi avessero offerto più lavori come imbianchino, magari, potevamo improntare questa intervista su altri argomenti. Magari anche più interessanti. Non ho mai voluto recitare ma purtroppo è una delle pochissime cose che mi riescono bene.

Hai un tuo idolo in particolare? A chi ti ispiri sia nella vita che nella tua professione?

Dopo aver avuto molti idoli come attore ed esserne stato puntualmente deluso (tra i grandi nomi dello spettacolo riesco a salvarne soltanto quattro o cinque, almeno tra quelli che ho conosciuto) ad oggi preferisco conservare idoli come semplice spettatore. Che poi, anche questa espressione… ‘semplice spettatore’. Lo spettatore non è mai semplice o sempliciotto. Si accorge immediatamente se stai barando nel raccontare qualcosa. Mi piace essere Arte, non farla. Nella vita privata, più che idoli, coltivo esempi di grandi personaggi come filosofi e guide spirituali appartenenti alla cultura orientale, soprattutto Osho e Sadhguru. Molti musicisti del passato mi aiutano a vivere meglio la giornata: John Lennon e Freddie Mercury su tutti. Nel lavoro ho sempre preso ispirazione dai grandi della commedia all’italiana: Alberto Sordi, Nino Manfredi, Carlo Verdone. Però mi piace molto dissacrare come sapeva farlo Nanni Moretti e sono uno di quelli che difendono Morgan a spada tratta.

Ti abbiamo visto nel film su Alberto Sordi con Edoardo Pesce, andato in onda pochi mesi fa sulla Rai. Cosa ti ha regalato quell’esperienza?

Parto dal presupposto che Alberto Sordi è mio padre, mio zio, mio fratello, mio cognato, il mio migliore amico, il mio macellaio di fiducia. Appena seppi che Luca Manfredi era al lavoro per omaggiare con un film i cento anni dalla nascita di Albertone, mi misi subito alla sua ricerca inviandogli più e più volte le mie imitazioni di Sordi (con il senno di poi mi rendo conto di averlo leggermente stalkerizzato). Fortunatamente riuscì a capire che il mio desiderio di contribuire ad un progetto dedicato ad Alberto era più grande della semplice voglia di apparire che un attore può nutrire. Pur avendo partecipato in piccolissima parte, sono orgoglioso di aver aggiunto il mio nome ad una squadra che ha saputo portare alla luce un progetto così onorevole. È un ricordo che terrò gelosamente nel cuore anche perché è stata un’esperienza che mi ha permesso di vincere il “Sampietrino d’oro Marguttiano” come miglior attore cinematografico esordiente.

Come attore ti sei sentito escluso dai provvedimenti governativi?

Il Coronavirus è stato e continua ad essere una lente di ingrandimento che ci ha costretti a vedere meglio ciò che ci circonda. Gli amori o si sono rotti o si sono rafforzati, stessa cosa per le amicizie. E così per la cultura e per gli artisti, soprattutto quelli più nascosti al grande pubblico che sono sempre stati visti come lavoratori di spettacolo di serie Z, esseri sfaticati che non pensano al futuro e ai contributi. Non è una novità per i saltimbanchi essere trattati come gli ultimi della baracca. Per fortuna, però, esistono ancora persone che riconoscono a noi ‘ultimi’ la capacità di far sentire primi tutti gli altri. E in che modo gli artisti fanno questo? Regalando bellezza. È anche vero che molti che non erano artisti prima della pandemia si sono autoproclamati tali soltanto da tre mesi a questa parte soltanto per dare un senso alle loro vite. Tra l’altro il mondo della cultura non è composto soltanto da chi è sotto i riflettori ma anche e soprattutto da chi lavora dietro le quinte.

Cosa pensi del ruolo dell’arte e dello spettacolo nel “rilancio” del Paese?

L’ultimo libro che ho letto è ‘La casa gialla’ di Morgan. Oltre a stilare una tesi basata sulla poca considerazione che a volte si ha nei confronti di un personaggio pubblico e del lavoro che compie per il prossimo (l’arte si fa non per sé stessi ma per la collettività e per il bene comune, quando è fatta bene), contiene un capitolo dedicato alla totale mancanza di tutela degli artisti e all’idea di una proposta di legge che sia in grado di dare il via alla nascita di una categoria artistica che sappia riconoscere il nostro lavoro anche in situazioni drammatiche come quella che stiamo vivendo adesso. Dal primo giorno di quarantena fino ad oggi, io e i miei colleghi (chi in maniera più copiosa e chi meno ma sempre e comunque gratuita) abbiamo reso la reclusione forzata più sopportabile regalando alla società musica, recitazione, poesia, disegno, pittura, fotografia. Non credo al rilancio del Paese grazie all’arte, semplicemente perché questo Paese non ha mai voluto ripartire da zero cominciando dalla bellezza. Ci basti pensare che in Italia custodiamo il 70% del patrimonio artistico mondialee che, se volessimo, potremmo sostenerci contando soltanto sul turismo e sulla bellezza. Questo a livello nazionale ma anche e soprattutto locale. Da veliterno sto ancora aspettando un Sindaco ed una Giunta che siano in grado di far scoprire al prossimo che sul nostro territorio hanno abitato la Magnani, Eduardo, Gassman, Sordi e tanti altri.

                                                                                              Ascenzio Maria La rocca

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