Il centrodestra si impone alle politiche con una maggioranza schiacciante.
Lega e Partito Democratico i veri perdenti
Se da queste elezioni esce una vincitrice netta, Giorgia Meloni, al contempo vengono fuori due perdenti altrettanto chiari.
Siamo ormai tristemente abituati a giustificazioni, giri di parole, discorsi pindarici di tutti i leader politici che alla fine di ogni votazione cercano di nascondere chi sia il reale perdente. In questa occasione, invece, è impossibile trovare attenuanti: la Lega e il Partito Democratico sono gli sconfitti principali di queste elezioni politiche, seguiti a ruota dal Terzo Polo (che poi nella sostanza diventa almeno il quarto) e da Luigi Di Maio.
Matteo Salvini, forse più della Lega nella sua totalità, porta il suo partito addirittura al di sotto del 10%, tallonato da Forza Italia data ormai per spacciata e che invece ha fatto il suo attestandosi tra l’8 e il 9%. La leadership salviniana sarà ora messa in discussione sia nel partito, quanto nella maggioranza di Governo di centrodestra che si andrà formando da qui a qualche settimana. La sua forza è svanita. La sua campagna elettorale fatta di slogan identici a tre anni fa ha fallito. La sua scelta di puntare sempre sugli stessi temi intrisi di paura per il “diverso” è naufragata. La faccia, anche se truccata, di una Meloni meno dura, più democratica, atlantista e governativa, ha drenato voti importantissimi alla Lega, anche al Nord, e lo stesso Salvini ora vede quasi del tutto sfumare il suo possibile approdo dal Ministero degli Interni che tanto desiderava.
Enrico Letta, invece, non è l’unico sconfitto se si guarda al centro sinistra. In questo caso credo debba essere chiamato in causa tutto il Partito Democratico e la sua classe dirigente, che non solo non ha saputo interpretare il sentimento e i problemi delle persone, ma non ha avuto alcuna visione e strategia politica per cercare almeno di arginare una vittoria schiacciante del centrodestra. In questo caso, a differenza di Salvini che all’interno del suo partito si è scontrato diverse volte per mandare avanti la sua idea, dovrebbe essere l’intero Pd a dover cambiare: persone, idee, alleanze.
Meno cocente, ma pur sempre sconfitta, quella di Carlo Calenda. Anche se ha ottenuto un risultato comunque discreto, grazie soprattutto a una strategia politica di Matteo Renzi ancora una volta incisiva, si è fermato ben al di sotto di quelle “doppia cifra” a cui ambiva. Disfatta totale, invece, per Luigi Di Maio che resta fuori dal Parlamento e che è costretto al contempo a guardare una ripresa finale del Movimento 5 Stelle a guida Giuseppe Conte che nelle ultime settimane ha saputo recuperare molti consensi con un messaggio chiaro e semplice.
Quelle che ci aspettano ora sono settimane di consultazioni con il Presidente della Repubblica Sergio Matterella da cui con molta probabilità uscirà il nome di Giorgia Meloni come prima premier donna della storia italiana. La formazione di Governo, invece, sarà un’altra partita, forse più lunga e complicata. Anche perché, se è vero che Meloni ha vinto, non lo ha fatto con quella maggioranza dei 2/3 che consentirebbe al centrodestra di modificare la Costituzione in autonomia. E allo stesso tempo, la buona riuscita di Forza Italia alle urne rispetto alla Lega, porrà automaticamente il suo Governo in una posizione decisamente più moderata in Europa di quel che ci si potrebbe aspettare da una leader che ha sempre appoggiato le idee ungheresi e polacche.