Passano gli anni, si avvicendano i governi ma un nodo è ancora da scogliere: la giustizia in Italia è troppo lenta e farraginosa. A fronte di un impegno assiduo dei magistrati (lavorano in media quattro volte di più dei colleghi tedeschi), occorrono più di 1200 giorni per chiudere una causa civile in Cassazione. In Spagna circa la metà del tempo, in Germania un sesto, secondo i dati della Commissione Europea. Il Bel Paese è assediato, poi, da torme di evasori e corruttori che sottraggono alle casse comuni circa 200 miliardi l’anno. La legge n. 13 del 2019, denominata in maniera altisonante “Spazzacorrotti”, ha cercato di imprimere una svolta nella lotta alle trame elusive del fisco e alle dinamiche corruttive introducendo il daspo, l’agente sotto copertura e incentivando l’utilizzo del trojan, mentre si innalzano le soglie massime di punibilità e si riducono quelle minime. Un provvedimento che sicuramente non rappresenta la palingenesi dei problemi atavici della giustizia nostrana, tanto che il governo di Giuseppe Conte è in predicato di elaborare una più sostanziosa riforma sul tema. In questo quadro, si è inserito dirompente il Coronavirus che ha bloccato i processi, rimpinguando gli arretrati. Anche se l’esecutivo ha dato mandato di utilizzare i mezzi telematici (dove possibile) per condurre dei “dibattimenti da remoto”, la realtà è stata diversa. Il 5 giugno, in piazza Giovanni Falcone dinnanzi al Tribunale di Velletri, alcuni avvocati hanno tenuto una manifestazione di ordinata protesta per denunciare l’impasse nella quale sono costrette le aule di giustizia. Se l’Italia è ripartita, mettendosi alle spalle l’emergenza Covid-19, gli avvocati ancora non possono accedere fluidamente alle cancellerie e tenere tutte le udienze. Immagine rappresentata plasticamente dai legali che, nel corso della protesta, hanno lasciato a terra i codici civili e penali. Il rischio è quello di veder ledere il diritto alla giustizia dei cittadini e di creare ulteriori congestionamenti nei tribunali. Durante i mesi della chiusura, il decreto-legge Cura Italia ha prescritto la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio. In quel lasso di tempo, le udienze, salvo casi eccezionali, non si sono svolte, i ricorsi non sono stati esaminati. Dal 12 maggio al 31 luglio, anche se più realisticamente al 1° settembre, dato che nel mese di agosto si sospendono le attività ex lege, possono essere celebrate solo udienze da remoto o con modalità a trattazione scritta. Sono oltre 200 i protocolli organizzativi dei diversi tribunali che soffrono di carenze vistose che rendono ingestibile un collegamento telematico: non esiste un registro Unico per gli indirizzi Pec, Pec che non è obbligatoria per i privati. In via Arenula hanno deciso di rifarsi ad un gruppo di esperti, la “Cabina di regia nazionale”, per predisporre la gestione della giustizia nella fase 2. Uno scorcio di questa impasse della giustizia italiana lo abbiamo ritrovato nella descrizione dell’avvocato civilista Lucio Leoni, il quale ha partecipato alla protesta dinanzi al Tribunale di Velletri, e attraverso le parole di Lia Simonetti, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Tribunale di Velletri.
Avv. Civilista Lucio Leoni
“La protesta nasce dal fatto che nonostante ci siano aule sufficientemente grandi per mantenere il distanziamento sociale non si sono tenute ancora le udienze e quelle che si dovranno svolgere a luglio come indicato dal Presidente del Tribunale sono state già posticipate. Anche se questo potrebbe essere il problema minore. Il grande disagio deriva dalla mancata possibilità di accedere alle cancellerie che ora hanno degli orari ridotti: alcune due ore, altre quattro ore alla settimana. Ci sono file interminabili e con il bacino di utenze presenti a Velletri è impossibile andare avanti. Il clima è di incertezza dato che non si sa quando si tornerà ad una situazione di normalità. Anche se la possibilità di connettersi da remoto esiste, noi avvocati alcune volte siamo costretti a recarci in cancelleria. Per esempio, quando si richiedono delle copie delle sentenze o dei rilievi ingiuntivi, quando si deve visionare un fascicolo in archivio. La situazione è drammatica. La stretta impressa dal lockdown durante quei terribili mesi, fino a maggio, è stata giusta e corretta. Ma ora, come si sta riaprendo tutto bisogna dare la giusta attenzione ed importanza anche al settore della giustizia. Qui c’è il pericolo di non poter assicurare un diritto costituzionale: si potevano in qualche modo svolgere le udienze da remoto ma non lo si è fatto per mancanza di strumentazione. Dopo la manifestazione dei legali del 5 giugno, alla quale ho partecipate, si è cominciato a muovere qualcosa. Hanno ripreso ad essere celebrate alcune udienze come quelle in forma scritta. Quest’ultime potevano essere svolte, a mio avviso, già da maggio. In questi tre mesi, se si pensa che un giudice per ogni mattinata ha 50 cause, sono state migliaia le udienze rinviate. Io ne svolgerò un dieci per cento proprio a causa dei rinvii. In Italia, il problema atavico della lentezza della giustizia avrebbe una soluzione anche semplice dal punto di vista logico. Bisogna assumere minimo 5mila magistrati, senza cambiare mensilmente norme e codici”.
Lia Simonetti, Presidente Ordine degli Avvocati del Tribunale di Velletri
“Il nostro è un presidio istituzionale che rappresenta l’avvocatura veliterna ed è il secondo Ordine del Lazio dopo quello di Roma sia per ampiezza di territorio sia per il numero di iscritti, che sono 1680. Avvocati che si occupano di vari settori. Una realtà complessa e variegata composta da professionisti. Abbiamo ottimi rapporti con il territorio e ci prefissiamo anche l’obiettivo di intessere una relazione con gli abitanti. Le nostre linee guida sono l’innovazione, la visione di una nuova avvocatura e l’avvicinamento dell’avvocatura alla società. Siamo all’avanguardia nella mediazione, alternativa alla giurisdizione, con due nostre sedi operative. La mediazione permette di bypassare i tempi della giustizia ordinaria, ma ancor più importante ci insegna a mediare i problemi della società così da lenire le conflittualità. Durante i mesi della pandemia e del lockdown, ci siamo mossi in termini volontaristici attraverso un help desk che si occupava di mediazione familiare e di crisi economiche. Il Covid-19 è stata la causa di molta frustrazione per i liberi professionisti, tra cui gli avvocati, i quali vivono anche dell’economia mobile. Ho più volte affermato, come durante la manifestazione di protesta a Roma, che per quanto riguarda la giustizia, il paziente era già moribondo e con il fermo si rischia di arrivare a morte certa se non si ha una visione totalmente diversa dell’avvocatura. Bisogna imparare a progettare. Come Ordine stiamo cercando di creare delle professionalità alternative atte a scovare i diritti negati, fondamentali in questo periodo. Per quanto riguarda il Tribunale di Velletri, il lockdown ci ha spinto a mettere a disposizione sui social i numeri dell’ufficio di presidenza per non abbandonare i colleghi. Ci rendiamo conto che è una situazione molto difficile: ci sono stati rinvii di udienze e difficoltà di accesso alle cancellerie. Ma anche durante la fase più acuta della pandemia ci siamo mossi in sinergia con le procure per portare avanti quegli atti non rimandabili, abbiamo predisposto dei mezzi telematici per le udienze e per i colloqui con i clienti detenuti. Per il civile si può scegliere tra il processo di persona e quello telematico. La problematica principale è quella della carenza di personale e l’assenza totale di banda larga. Bisogna investire nella giustizia: un presidio che va tutelato”.