Verità per Giulio o Real Politik: l’Italia deve scegliere

Redazione25 Giugno 2020

Di Gianpaolo Plini

Dalla mancata collaborazione egiziana, alle fregate italiane, alla violazione dei diritti umani. Che interlocutore è l’Egitto?

Una Real Politik che sembra coprire di una coltre di silenzio l’urlo di giustizia dei genitori di Giulio Regeni, ricercatore di Fiumicello scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 per essere ritrovato soltanto nove giorni dopo esanime e con segni lapalissiani di tortura. Nell’audizione alla commissione d’inchiesta sull’omicidio del giovane (tenutasi il 18 giugno), il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ripercorso il suo ruolo nella ricerca della verità che necessariamente deve passare attraverso “una collaborazione con le autorità egiziane”, prima fra tutte quella dell’attuale presidente Abdel Fattah Al-Sisi. Il Premier ha asserito che “anche a seguito di sette incontri con il presidente Al-Sisi, non sono stato capace di portare risultati. La famiglia di Giulio deve -continua Conte- prendersela con me, non con l’ambasciatore”. Il Presidente del Consiglio ha chiarito come a seguito di questa mancata cooperazione, i rapporti tra i due Stati “non potranno svilupparsi a pieno”. Ma la realtà sembra essere diversa. In un colloquio telefonico tra il Premier italiano e il Presidente egiziano,  si è arrivati alla conclusione della vendita di due fregate Fremm. Una collaborazione, quella bellica, che appare ben oleata. Già da ottobre, il governo del Bel Paese negozia con il regime del generale una consistente vendita di armi. In questo quadro, l’italiana Fincantieri ha intenzione di costruire, in collaborazione con l’Egitto, all’interno degli stabilimenti del paese africano, alcuni pattugliatori d’altura. E, un mese dopo il 23 settembre 2019, quando a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, il Premier Conte e il Ministro degli Esteri Di Maio ricevono una dichiarazione di impegno da parte di Al-Sisi sul caso Regeni, la Presidenza del Consiglio informa la multinazionale statale Fincantieri che l’Egitto ha bisogno di due fregate Fremm. Una necessità impellente di rivolgersi all’alleato italiano che già ha venduto al Cairo 32 elicotteri per un valore di 881 milioni di euro. Le due navi vengono sottratte da quelle già destinate alla Marina Italiana per accontentare Al-Sisi, il quale le richiede con una certa urgenza. Quindi, Fincantieri, come da disposizione normativa, interpella la Uama, Unità del Ministero degli Esteri che è incaricata di autorizzare le esportazioni di materiale bellico. Le due fregate, la “Spartaco Shergat” e la “Emilio Bianchi” hanno un valore di 1,4 miliardi, l’Egitto è disposto a cederne poco meno. A giugno, la Uama e il governo (Consiglio dei ministri di giovedì 11 giugno) ritengono che l’Egitto rispetti la legge 185/90 indispensabile ai fini della legittimità della transazione. Ma nella norma, all’articolo uno comma sei, si richiede di valutare la violazione dei diritti umani, la partecipazione a conflitti armati e la non violazione di embarghi di materiale bellico. Ecco la Real Politik che riabilita un interlocutore che non parla e che non collabora: un vecchio detto del Cairo asserisce che gli egiziani aprono la bocca soltanto dal dentista. Nel maggio 2019, l’ultima rogatoria italiana porta gli investigatori della Procura di Roma (il procuratore capo Pignatone e il sostituto Colaiocco) ad acquisire la testimonianza di un uomo che avrebbe ascoltato in Kenya un funzionario della Amnel-Dawla, l’intelligence collegata al Ministero degli Interni egiziano, ammettere il sequestro del giovane Giulio perché ritenuto una spia inglese. L’agente è uno dei cinque iscritti (generale Sabir Tareq, maggiore Sharif, capitano Helmy, funzionario Najem, colonnello Kamal) nel registro degli indagati individuati dagli inquirenti italiani (dei quali il Ministro Di Maio ha chiesto il domicilio legale), che però non hanno alcun potere effettivo o strumento di pressione efficace sulla controparte egiziana. Il mese successivo, ad immagine della “collaborazione all’egiziana”, il Ministro del lavoro Mahamed Saafan nel corso della Conferenza Internazionale del lavoro a Ginevra, risponde ai cronisti asserendo: “A proposito dell’omicidio dell’accademico italiano Regeni è un caso di natura criminale, un omicidio ordinario che sarebbe potuto accadere in qualsiasi Stato”, come riporta il sito Al Bawaba. In realtà, sono svariati i tentativi di depistaggio sulla vicenda a partire dal movente amoroso fino ad arrivare alla pista della banda di rapinatori stranieri: la criminalità ordinaria, insomma. Eventi che avevano costretto il governo italiano a richiamare l’allora ambasciatore al Cairo Maurizio Massari in patria, nel 2017. Ma già dal 14 settembre 2019, il neo ambasciatore Giampaolo Cantini è nuovamente d’istanza nella capitale egiziana per tentare di intessere un dialogo più proficuo ma, i cui risultati, stentano ancora a notarsi. D’altronde, in Egitto, la violenza propugnata dalla polizia ed in generale dalle autorità non è più un segreto. La stessa vicenda politica del presidente Al-Sisi ne è lo specchio: il generale è assurto al potere tramite un colpo di Stato nel luglio 2013 spodestando Mohamed Morsi, presidente democraticamente eletto. Un Paese dove, secondo Amnesty International, si sta assistendo ad una normalizzazione delle violazioni dei diritti umani (si guardi al caso del giovane studente Zaky e della ragazza torturata per aver sventolato una bandiera arcobaleno, poi suicida), attraverso delle norme che legalizzano la repressione della libertà di espressione, di associazione e di manifestazione. Dal 2014 sono state emesse oltre 2112 condanne a morte, nel 2018 sono state approvate le leggi sui mezzi d’informazione e sui crimini informatici che hanno dotato il governo di effettivi  poteri di censura e che hanno prodotto come conseguenza immediata l’oscuramento di almeno 513 siti web. E, mentre le forze di sicurezza ricorrono alla tortura per estorcere forzosamente confessioni, gli emendamenti costituzionali del 2019 hanno consegnato ad Al-Sisi la facoltà di nominare le alte cariche giudiziarie. In Egitto sarebbero più di 60mila i detenuti politici, tanto che l’amministrazione ha dovuto costruire ex novo 19 strutture carcerarie per poterli contenere. Non si spiega quindi come il Governo e l’Uama abbiano potuto riscontrare il contrario. O forse sì: pecunia non olet. Nel biennio 2018-2019 gli scambi commerciali tra Italia ed Egitto hanno toccato quota 4,5 miliardi, e nel paese africano l’economia è cresciuta del 5,3% nel 2018 anche se per 25 o il 40%in mano alle gerarchie militari. La voce dei genitori di Giulio non può restare inascoltata. Per quanto riguarda il fronte dell’inchiesta, dopo la consegna dei documenti del ricercatore (che le autorità egiziane hanno sequestrato a dei criminali e che la famiglia Regeni ritiene non appartenuti al figlio), il prossimo incontro è fissato per il primo luglio. Il dodicesimo tra i magistrati romani ed egiziani. Il secondo con il nuovo procuratore generale Hamada Al Sawi.

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 24-11-2014 Politica Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, incontra a Villa Madama il Presidente della Repubblica Araba d’Egitto, Abdel Fattah Al Sisi Nella foto Abdel Fattah Al Sisi Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 24-11-2014 Politic The President Matteo Renzi, meets at Villa Madama the President of the Arab Republic of Egypt, Abdel Fattah Al Sisi In the photo Abdel Fattah Al Sisi
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