Tornare a recitare sul palco sarà molto dura

Sebastiano Colla29 Giugno 2020

Ma chi lo avrebbe mai pensato che avremmo vissuto una pandemia?
Non sapevamo neanche cosa fosse una pandemia. Apriamo il vocabolario.
Pandemia dal greco pan-demos : tutto il popolo. Tutto il popolo?
Eh si tutto il popolo , tutti gli uomini che vivono sulla terra!
Ma siamo tantissimi? Proprio per questo fa paura.
Una malattia epidemica è una malattia infettiva che colpisce simultaneamente una collettività di individui, qualcosa che non fa distinzioni, che non guarda in faccia nessuno, non vede se sei ricco o povero, se hai la pelle gialla o verde, se viaggi su barconi che galleggiano a malapena o se viaggi in business class.
Una malattia che si espande rapidamente tra le persone.
Basta un abbraccio o un bacetto sulla guancia. Cosa?
Eh già! Proprio cosi, noi che siamo così abituati ad abbracciarci, noi che abbiamo sempre sentito il bisogno del contatto fisico oggi non possiamo più, ci si saluta con colpetti di gomito o piccoli calci!
Non lo avrei mai creduto, e pensare che sono cresciuto guardando film di fantascienza.
Sono queste un pò le domande che hanno viaggiato nella mia mente in questi mesi di costrizione forzata.
All’inizio di tutto questo abbiamo preso la cosa in maniera superficiale, quasi divertiti, a casa si è fatto un pò di tutto dall’inventarsi ricette da chef a ripulire la casa nei posti più impensati ma poi il tempo ci ha costretti a diventare più seri, i giorni si ripetevano cominciando a diventare noiosi, avevamo bisogno di uscire, di vedere gente, di prenderci un caffè al bar, di pranzare fuori, ma questo non era possibile ed allora finalmente lo abbiamo capito e ci siamo veramente fermati, ognuno a modo suo, ognuno di noi si è dovuto scontrare con la dura realtà e piano piano ci siamo calmati, ci siamo lasciati cullare da questo limbo, lo abbiamo assecondato cercando di approfittare dei tanti minuti che avevamo a disposizione.
Abbiamo capito veramente cosa significa vivere con la propria famiglia oppure vivere da soli con se stessi.
Credo che la maggior parte delle persone abbia cercato di trarre beneficio da tutto ciò. Ed è quello che ho fatto io o almeno ci ho provato.
Ho cercato di vedere il bicchiere mezzo pieno.
Ho capito di essere fortunato, ho una casa, un giardino dove mio figlio può prendere a calci la sua palla e una moglie che ha saputo ascoltarmi.
La questione lavoro è stata più difficile da affrontare, anche perché in realtà noi attori sappiamo ancora poco.
Sappiamo che i teatri riapriranno il 15 giugno, ma quello che ci chiediamo tutti noi attori è per fare cosa riaprono?
Ci sono talmente tante restrizioni che sarà molto difficile mettere in scena uno spettacolo, non voglio entrare nei dettagli, ma sappiate che tornare a recitare su un palco sarà molto dura.
In particolare soffriranno di questa situazione i piccoli teatri e i teatri privati.
Anche per quanto riguarda cinema e televisione la situazione non è certo migliore, per poter girare una scena ci vorranno tantissimi controlli, utilizzo di mascherine e guanti per tutte le maestranze, tamponi ad ogni persona che si trova sul set, disinfestazione degli ambienti e possibilità di lavorare con solo due attori alla volta con la dovuta distanza!
Scusatemi, ma tutto ciò mi fa quasi ridere, è veramente impossibile lavorare in queste condizioni.
E’ per questo motivo che molti attori, registi, direttori di teatro e cineasti stanno cercando diverse soluzioni per poter fronteggiare questo nemico invisibile che rischia di far crollare l’intero mondo dello spettacolo.
C’è chi promuove corsi di teatro online, chi si promuove sempre attraverso il web cercando di trovare qualche idea che possa catturare l’attenzione del pubblico.
Io per anni ho gestito un corso di recitazione a Velletri coinvolgendo più di 40 persone fra grandi e bambini, ma non me la sono sentita di insegnare loro tramite un video, è stato più forte di me.
Quando insegno ho bisogno di vedere in faccia tutti i miei allievi, di sentire i loro respiri, di vederli correre, muoversi nello spazio, di sentire le loro urla o le loro risate, di avvicinarmi loro, di stringere le loro mani, di dirgli in privato quello che va bene e quello che si può e si deve migliorare, in poche parole di esserci fisicamente.
Il teatro è qualcosa di vivo, di tangibile non può essere filtrato da un schermo. Non possiamo trasformare anche il teatro in un prodotto televisivo.
Quindi che cosa ho cercato di fare?
Con dei miei colleghi abbiamo cominciato a vederci in chat ed abbiamo pensato di mettere su una web serie.
Non è stato facile, anche perché non siamo grandi esperti di web, avevamo voglia di fare qualcosa che potesse testimoniare questo strano periodo che abbiamo vissuto e che probabilmente vivremo ancora.
Da qui nasce “Chat Terapy” una serie che può essere seguita su facebook instagram e youtube.
La storia è molto semplice: quattro persone che prima della pandemia andavano in terapia di gruppo.
Con lo scoppio del corona virus sono costretti anche loro a chiudersi in casa, decidono comunque di continuare la terapia in chat, ma scopriranno che il loro terapista li ha abbandonati.
All’inizio sono nel panico, ma poi decidono di continuare anche senza il loro dottore, decidono di continuare perché hanno bisogno ora più che mai di confrontarsi.
In questo modo abbiamo cercato di continuare il nostro lavoro, di non fermarci di esprimere quello che sappiamo fare, siamo artisti e abbiamo il compito di far ridere o di far piangere .
Non potevamo rimanere inerti davanti a tutto questo, dovevamo lasciare, seppur piccolo, un segno in questo momento storico cosi imprevedibile.

Sebastiano Colla

chevron-down-circle