Pandemia, abuso dei social network e conseguenze sulla popolazione

Ottavia Lavino21 Gennaio 2022

Intervista a Marco Franco, autore de “L’uomo interrotto. L’altra faccia del digitale”.

Marco_Franco
Marco Franco

Con “L’uomo interrotto. L’altra faccia del digitale”, edito da De Ferrari del formiano Marco Franco inizia l’epoca del Psicocene. Un libro importante, che suscita nuove riflessioni sull’attualità, sull’evoluzione tecnologica e sulle conseguenze della pandemia da Covid 19.  Abbiamo incontrato l’autore per saperne di più.

Nel libro “L’uomo interrotto. L’altra faccia del digitale”, affronti il legame dell’uomo con i social network sempre più ossessivo. Siamo davvero condannati a una finta libertà?

C’è una bellissima frase di Pericle che recita: “Non c’è felicità senza libertà e non c’è libertà senza coraggio”. La libertà è legata a un concetto di felicità da raggiungere e conquistare attraverso il coraggio, quindi qualcosa di molto diverso dall’illusoria felicità dei social a portata di un click. Molte persone vivono assuefatte, hanno smesso di desiderare qualcosa di ulteriore. Nel libro parlo di questo lato oscuro. Le piattaforme social sono spesso un luogo di annichilimento, dove le persone vanno per riempire compulsivamente attimi di noia. Non è sempre così ma è la prevalenza. Parlarne per me significa tentare di togliere il velo dagli occhi, stimolando un utilizzo consapevole del digitale.

Che rapporto hai con i dispositivi tecnologici? E quanto tempo trascorri sui social nell’arco della tua giornata?

Oggi è impossibile non avere contatto con i social. Sono uno strumento utile sotto molti punti di vista. Nel mio caso, lavorando nel mondo delle risorse umane e, in particolare della ricerca e selezione, lavoro spesso con Linkedin, social network legato al mondo professionale. La tecnologia digitale è una risorsa formidabile, tuttavia è ormai comprovato che la sovraesposizione ai meccanismi di persuasione digitali danneggia in maniera preoccupante il nostro comportamento. Secondo il rapporto state of mobile 2021 (https://wearesocial.com/it/blog/2021/01/digital-2021-i-dati-globali) spendiamo oltre 4 h sui dispositivi mobili e il 26% del nostro tempo è speso in video ed entertainment apps. N.b. Questi dati si riferiscono ai soli dispositivi android!

In questa tua ultima fatica letteraria, edita da De Ferrari, racconti di come si è già arrivati a un punto di non ritorno all’interno della società. Ma il mondo del digitale avrà anche qualche aspetto positivo?

Per risponderti parto da lontano. L’essere umano moderno è una creatura molto giovane. Se guardiamo alla curva del progresso nel corso dei secoli, ci accorgiamo che essa è sostanzialmente piatta fino all’accelerazione prodotta dalla Rivoluzone industriale, con a seguire un’ascesa vertiginosa che scatta dalla Ricostruzione in poi. Se ci fossimo addormentati nel 1100 e risvegliati dopo 100 anni ci saremmo trovati in un mondo non molto diverso, non avremmo trovato delle innovazioni tali da cambiarci la vita. La stessa cosa non si può dire facendo addormentare un uomo nel 1960 e risvegliandolo dopo nel 2060. Preferirebbe riaddormentarsi nuovamente per il senso di inadeguatezza che sperimenterebbe. Ecco. L’aspetto positivo è che siamo scrivendo la storia, tuttavia non sappiamo ancora quanto questo vortice incessante e invasivo di strumenti tecnologici, in particolare digitali, possa intaccare (e modificare!) il nostro cervello. Le piattaforme digitali sono in grado di impadronirsi del comportamento degli utenti senza che loro ne abbiano coscienza. È questo l’aspetto che più mi interessa e preoccupa.

In questo periodo post pandemia, i giovani sono sempre più confusi e disorientati dai cambiamenti sociali che stanno vivendo. Quanto è importante fornire loro una guida?

Non è facile interpretare i tempi che stiamo vivendo. Gli interpreti dovrebbero essere i grandi Maestri. Penso a Pasolini, ai grandi intellettuali e giornalisti la cui voce si è spesa per un progresso intellettuale delle persone. In Italia, perlomeno, è venuta meno una intellighenzia capace di stimolare un pensiero critico. Abbiamo relegato la saggezza agli esperti di marketing che usano tecniche e linguaggi persuasivi per fare breccia nella confusione delle persone e non certo per stimolare un pensiero critico. La libertà di pensiero è considerata pericolosa . “Un libro è una pistola carica” scriveva Ray Bradbury. È necessario diventare eretici per non adeguarsi alla conformità della massa. I Maestri dovrebbero insegnare questo a pensare, tentare, sbagliare e rialzarsi.

Sei stato invitato più volte alla Camera dei Deputati per presentare progetti legati al mondo dell’innovazione digitale. Cosa pensi potrebbe fare il sistema italiano per affrontare al meglio i repentini cambiamenti durante questo momento storico?

Ho avuto la fortuna di vivere in due grandi città italiane, Roma e Milano, che mi hanno permesso di incontrare molte persone di gran spessore con cui condividere idee e progetti. In questo brainstorming alcune cose sono rimaste solo idee, altre siamo riusciti a trasformale in progetti e portarli all’attenzione delle istituzioni. Purtroppo in Italia manca una cultura dell’imprenditoria, del costruire, che dovrebbe essere insegnata a scuola. Penso, per esempio, alle basi del growthhacking. Le discipline racchiuse in queste due parole dovrebbero ormai essere insegnate agli adolescenti. Sarebbe già un punto di partenza per vedere tanti piccoli distretti decollare nel nostro amato Paese.

La tua città d’origine, Formia, è una di quelle cittadine in cui è possibile respirare ancora aria buona e fare lunghe passeggiate sulla spiaggia, lasciando lo smartphone a casa. Vivere in un contesto “sano”  può aiutare ad allentare il forte legame con i dispositivi digitali?

Formia e tutte le mie zone sono luoghi meravigliosi in cui respirare non solo aria buona ma anche la storia e la cultura in tutte le sue sfaccettature, anche eno-gastronimiche. Non mancano quindi le occasioni per vivere esperienze oltre il perimetro digitale.

Non penso però che sia questa la “soluzione”. Tutto si evolve così velocemente che negare questo fatto significa uscire dalla realtà. Siamo già oltre internet, è in corso una discussione tra gli esperti di tecnologia attorno al concetto di “metaverso”, una sorta di spazio digitale in cui le persone reali coesistono simultaneamente, indossando speciali cuffie e occhiali, con la possibilità di interagire attraverso degli avatar. Sarà un’esperienza continua, “persistente”, sincrona e in tempo reale, senza alcun limite al numero di utenti che possono essere contemporaneamente presenti. Si potrà creare, possedere, investire, vendere.

È evidente che il punto non sia come togliersi da tutto questo, è impossibile, vorrebbe dire uscire dal proprio tempo storico. Il punto è imparare a starci, governando e non subendo ciò che ci accade.

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