Nel Lazio test rapidi utilizzati nelle scuole

Gianpaolo Plini16 Ottobre 2020

I ragazzi sono spesso asintomatici e non bisogna abbassare la guardia

TEST RAPIDO

La curva dei contagi sembra risalire in tutta Italia. Se la Campania con il governatore De Luca ha deciso per una stretta sulla movida notturna vietando l’ingresso nei locali dopo le 23,00, il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha deciso di dare il via ai test rapidi per le scuole.

Le operazioni di screening hanno riguardato il liceo ‘Manara’ di Roma, il ginnasio di Monteverde in cui lo scorso 10 ottobre si era registrato un caso di positività. L’alunno della classe 1D non era presente a scuola al momento della rilevazione, ma genitori e compagni di classe sono stati avvisati tempestivamente dalla Asl Roma 3, che ha prescritto a tutti i compagni il tampone rapido e la quarantena per 14 giorni. “Chi è sottoposto ad isolamento domiciliare dovrà misurare la temperatura e monitorare l’insorgenza di eventuali sintomi ed aver cura di informare il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta”, si legge nella nota pubblicata sul sito dell’istituto. Al question time alla Camera il ministro della Salute Roberto Speranza ha ricordato come “con l’ordinanza del 13 agosto per primi in Europa abbiamo dato via libera ai test antigenici utilizzati agli aeroporti. Dopo circa un mese i risultati sono incoraggianti e la valutazione del ministero è che si possano iniziare a utilizzare anche fuori dagli aeroporti”.E proprio il Lazio, insieme al Veneto, ha puntato sui test rapidi forte dell’analisi e della validazione dell’ospedale Spallanzani, ha fatto un ulteriore passo avanti, annunciando l’avvio da domani di una campagna di tamponi antigenici nelle scuole. La decisione si è basata sulla differenza notevole tra fare un tampone tradizionale a un caso sospetto e attendere poi due o tre giorni (ma i medici di famiglia di Roma, ad esempio, hanno denunciato che con i primi segnali di stress del sistema il periodo di attesa si è dilatato anche fino a 4 o 5 giorni) e un test che in un quarto d’ora dà il risultato.Si è partiti dalla Asl Roma 4: “Il primo intervento – rende noto l’Unità di Crisi regionale – è stato programmato nel liceo scientifico Vian ad Anguillara. È stata inviata dalla direzione dell’istituto una circolare ai genitori per raccogliere l’adesione volontaria al test che ha visto molta partecipazione. Da domani mattina inizieranno le attività di testing che proseguiranno a rotazione con gli altri istituti del territorio”.“Allo stato attuale, il mondo scuola non è il motore della trasmissione del virus, i casi della scuola sono inferiori al 10% del totale. Dobbiamo continuare a monitorare, c’è una grande collaborazione con le scuole”, ha detto Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio, intervenendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus.“Iniziamo la sperimentazione del prelievo salivare, l’ultimo che è stato validato– ha aggiunto D’Amato- Ha la stessa funzione dei test che si fanno in aeroporto, ma cambia la modalità di prelievo, anziché dalle secrezioni nasali si prende la saliva”.La sperimentazione verrà ovviamente monitorata e valutata durante la settimana e “sarà uno strumento dedicato soprattutto ai più piccoli o ai più grandi non collaboranti. Introdurremo oltre 1 milione e mezzo di questi test e piano piano si raggiungeranno tutte le scuole”, ha detto D’Amato che conclude: “Bisogna continuare a fare queste attività di testing e prevenzione, attraverso tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione”.Sulla misura è intervenuto, anche,il virologo e ordinario di microbiologia all’Università di Padova, Andrea Crisanti. Il professore ha sottolineato che “per circoscrivere e spegnere un focolaio bisogna usare test che hanno elevata sensibilità, perché l’obiettivo è non farci sfuggire nessuno. Bisogna chiedersi quale obiettivo vogliamo raggiungere – ha concluso il virologo – e poi chiedersi se lo strumento è adatto, perché non sono tutti uguali”. È evidente che “le scuole sono potenzialmente in grado di aumentare i contagi e lo hanno dimostrato le esperienze di Israele e della Francia”. Bisogna, inoltre, fare particolare attenzione a non commettere l’errore di “andare a vedere la percentuale di studenti che si ammalano”. In questo modo, ha sottolineato, “prendiamo un dato completamente falsato, perché gli studenti non si ammalano. La maggior parte di loro sono asintomatici, però possono portare il virus e possono infettare gli amici e i familiari. L’impatto non si vede sulla scuolasi vede sulla società” ha concluso Crisanti.

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