Il liceo Joyce di Ariccia costretto alla chiusura

Gianpaolo Plini19 Settembre 2020

La rabbia del preside Scialis e del corpo docenti

LICEO JAMES JOYCE
(immagine dal web)

Ad una settimana dalla riapertura, il liceo linguistico James Joyce di Ariccia, è costretto a tornare alla didattica a distanza. Questa volta, però, il Coronavirus non è il responsabile. Alla sede principale del liceo c’è carenza di acqua corrente. L’acqua non riesce ad arrivare a tutti i piani, causando un problema importante di igiene. Il preside Roberto Scialis non ha potuto che decidere la chiusura dei cancelli e l’uscita anticipata degli alunni. Una situazione complessa che, sicuramente, farà emergere rabbia e disapprovazione nel corpo docenti e nelle famiglie. Questa problematica va avanti da un paio di anni: periodicamente si assiste a cali di pressione dell’acqua che investe la struttura dal piano superiore fino al piano terra. “Dal periodo del lockdown -racconta il Preside Scialis- la condizione si è aggravata, ma gli studenti erano già a casa. In vista dell’apertura della scuola, ho contattato l’Acea, Ato2, Città Metropolitana Roma Capitale per predisporre l’inizio dei lavori prima della data di avvio delle lezioni in presenza. Non sono mai venuti per inserire le pompe per la pressione”. È dal 14 settembre che al Liceo Linguistico James Joyce manca l’acqua. Nonostante l’impegno del personal Ata, dei docenti e del dirigente scolastico per predisporre la struttura in linea con le indicazioni del CTS e del governo, gli studenti da lunedì dovranno riprendere le lezioni online. “Siamo pronti da questo punto di vista, -chiarisce Scialis- durante la fase più acuta dell’epidemia, abbiamo curato la Dad (didattica a distanza ndr)”. Ancora una volta sembra che la scuola sia il fanalino di coda degli interessi della politica. Quotidianamente, il preside ha mandato una mail informativa e di sollecitazione al prefetto, alla Città Metropolitana, all’Ufficio Scolastico Regionale, all’Acea e al Comune di Ariccia, senza mai ottenere una riga di risposta, malgrado le promesse inziali di risolvere il tutto in “tempi brevissimi”. Per comprendere sino in fondo cosa significa questo fatto e da quali decisioni politiche è stato causato basta ascoltare le parole di Fermina Tardiola, professoressa di Italiano al Joyce: “Il Coronavirus ha mostrato le difficoltà del sistema scuola che esistevano già prima. Ad esempio -continua la docente- le classi pollaio esistono ancora oggi. Il problema è strutturale ed affonda le radici nei tagli alla scuola, in una politica miope che non è stata mai attenta. Solo ora ci si è resi conto del ruolo sociale della scuola. L’assurdità è che il nostro liceo si è dotato di un sistema di Dad molto ben fatto ma il problema di questi giorni è la mancanza di acqua. Il preside -continua Tardiola- si è speso tanto e in anticipo per risolverlo, senza ottenere le dovute attenzioni. E stiamo parlando di un liceo che rappresenta un’eccellenza nella provincia di Roma. Questo mostra quanti nodi vengono al pettine. Chi oggi specula su queste problematiche sono gli stessi che hanno tagliato le risorse alla scuola da dieci anni a questa parte”.

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